Berlino - Architettura

articolo di Silvia Fucigna

Berlino è da anni sinonimo di work in progress, di città con le mani che prudono nervose, di città che non si ferma, che bonifica e ricostruisce in continuazione, che stupisce, coinvolge, diverte.

E se si vuol vedere il posto che più di ogni altro la rappresenta in questo senso, inevitabilmente si finisce in quello che storicamente, dopo essere stato raso al suolo durante la seconda guerra mondiale, è stato uno dei maggiori incroci d’Europa, per essere successivamente il più grande cantiere d’Europa e diventare infine crocevia di facce, il maggior polo attrattivo della città, il nuovo cuore pulsante di Berlino: Potsdamer Platz, un modo inedito di concepire l’architettura.

Un enorme atelier all’aperto.

Luogo dove i più grandi architetti della storia contemporanea espongono le loro opere. Difficile citare un nome senza scovarne di li a poco una traccia.



Imponente il Sony Center, di Helmut Jahn, si mostra e da il benvenuto sotto al grande tendone di acciaio e vetro, luogo avvenieristico ed equilibrato, che accoglie in sé megaschermi, ristoranti, teatri, negozi, uffici direzionali e migliaia di persone ogni giorno, che, occhi rivolti all’immensa cupola, si muovono curiosi alla ricerca di particolari costruttivi.

Qui la gente diventa protagonista all’interno della grande piazza coperta, si lascia in balia dell’hi-tech, sperimenta nuovi modi di stare nei caffè, si lascia condurre nelle sale sotterranee dei cinema, e ogni percorso diventa prospettive e scorci da scoprire.

Questo modo di attrarre a sè le masse, questa nuova concezione di turismo, questo melting pot di forme e colori, l’accostamento di consumismo e bisogno, l’affiancamento di tendenze e abitudini, sono qui la vera innovazione.

Ma questo è solo il punto di partenza. Si mostrano di seguito altre magie architettoniche, altri dinamismi commerciali, altro vetro, altri modi di vivere lo spazio, di comprare e vendere.



Ancora Jahn con la sua torre di vetro della DB, alta 100mt, che tiene testa di fronte a sé, agli edifici di Hans Kolhof e del nostro Renzo Piano che fedele al suo stile architettonico e incurante delle trasparenze altrui, veste i suoi edifici con l’ormai famoso laterizio, conducendo la vista con cadenza modulare alla torre alta 60mt, rivestita dello stesso materiale e concepita con la stessa tradizionalità. Proseguendo incontriamo i volumi sospesi di Richard Rogers e gli aggetti spigolosi del quartier generale della Mercedes Benz di Arata Isozaki; Raphael Moneo esprime la sua creatività col lussuoso Hotel Hyatt, e infine, ma non per ultima, la Torre Einstein di Mendelsohn, espressione di funzionalità in perfetta armonia con le strutture circostanti.
Capitolo a parte per due edifici che stanno nella stessa zona, che avrete già visto e rivisto e che già hanno riempito le pagine della storia dell’architettura: la Neue Stadtgalerie di Mies Van Der Rohe e l’eclettica Philharmonie di Hans Scharoun, geometria complicata che rende lo spettatore attivo protagonista della scena rappresentata.

Altro progetto che unisce la tradizione architettonica all’innovazione tecnologica e progettuale è la zona del Reichstag. Qui si trova la sede del parlamento tedesco, risultato della creatività di Norman Foster & Partners, edificio che con maestria e attenzione per i mutamenti storici e sociali, rappresenta il riuscito connubio tra innovazione culturale e tecnologica, improntando la nuova linea stilistica berlinese.